Stampa

AS158 - AS158 - SEGNALAZIONE: FONDAZIONI BANCARIE


COMUNICATO STAMPA


Collegamenti:
Segnalazione del 10 dicembre 1998


COMUNICATO STAMPA

L'Antitrust interviene sul tema delle Fondazioni bancarie


        L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287/90, ha segnalato al Parlamento e al Governo la situazione distorsiva della concorrenza che potrebbe derivare dalla definitiva approvazione da parte del Parlamento del disegno di legge recante "Delega al Governo per il riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti, di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356, e della disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria", anche noto come "disegno di legge Ciampi-Pinza", nella formulazione che esso ha assunto con l'approvazione dell'11 novembre da parte del Senato della Repubblica.

        Il disegno di legge nella sua forma originaria intendeva condurre a compimento, attraverso una ridefinizione del ruolo delle fondazioni ed un sistema di agevolazioni fiscali, il processo di dismissione del controllo delle imprese bancarie da parte delle fondazioni di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218, recante "disposizioni in materia di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico" e successive modificazioni.

        Tuttavia, rispetto alla formulazione approvata alla Camera, il testo del disegno di legge approvato al Senato, e attualmente di nuovo all'esame della Camera, presenta due emendamenti che di fatto vanificano la portata della riforma e possono indurre alterazioni degli equilibri concorrenziali nel sistema economico italiano. Essi, infatti, da un lato perpetuano la presenza delle fondazioni nel settore bancario, dall'altro addirittura consentono alle fondazioni di estendere il proprio ambito di intervento ad altre attività di impresa ed al contempo di mantenere lo status di ente non commerciale e i benefici tributari che ne derivano.

        Si tratta dell'emendamento all'articolo 2, comma 1, lett. d), che introduce, accanto agli scopi di utilità sociale delle fondazioni, anche il fine della "promozione dello sviluppo economico" e dell'emendamento all'articolo 4, comma 1, lett. b), che prevede la perdita dei benefici tributari per le fondazioni che, al termine del periodo transitorio di quattro anni, risultino ancora in possesso di una "partecipazione di controllo ai sensi dell'articolo 2359, primo e secondo comma, del codice civile" nelle imprese bancarie.

        Il primo emendamento ha l'effetto di offrire alle fondazioni la possibilità di svolgere direttamente attività di impresa anche in settori diversi da quelli di utilità sociale, purché questa sia rivolta alla promozione dello sviluppo economico, consentendo ad esempio alle stesse di assumere partecipazioni anche rilevanti nelle privatizzande imprese esercenti servizi pubblici.

        Il secondo emendamento introduce invece un'accezione maggiormente restrittiva del concetto di controllo, rispetto alla più ampia formulazione di "controllo diretto o indiretto" originariamente utilizzata nel disegno di legge. Tale soluzione consente alle fondazioni di mantenere partecipazioni in imprese bancarie che, per quanto non configurabili come partecipazioni di controllo di diritto, assumono, eventualmente anche per effetto della sottoscrizione di specifici patti parasociali, una rilevanza tale da permettere alle fondazioni stesse di esercitare un'influenza determinante e dunque un controllo di fatto sulle imprese bancarie.

        Nel complesso, la congiunta attribuzione alle fondazioni bancarie di scopi sociali e di obiettivi economici, quale deriva dall'ultima formulazione del disegno di legge, conduce all'impropria sovrapposizione in capo allo stesso soggetto di finalità pubbliche ed obiettivi economici. L'assenza di una chiara separazione fra i due tipi di attività può comportare effetti negativi sull'assetto concorrenziale dei mercati sia in considerazione del favorevole trattamento fiscale riservato alle fondazioni sia per gli effetti che la presenza delle fondazioni in imprese bancarie e non bancarie può esplicare sugli assetti proprietari delle imprese e sull'accesso al credito delle imprese non bancarie.

        Si consideri in particolare che le agevolazioni fiscali previste in capo alle fondazioni, una volta attribuita alle stesse la possibilità di permanere quali azionisti di riferimento nelle banche e anche in imprese attive in altri settori, potrebbero avere l'effetto di attribuire un indebito vantaggio competitivo alle imprese partecipate dalle fondazioni. Il vantaggio fiscale si può infatti tradurre in una maggiore capacità delle fondazioni, rispetto agli azionisti privati, di sostenere finanziariamente le imprese da esse partecipate con l'ovvio effetto di falsare la corretta dinamica concorrenziale avvantaggiando alcune imprese a scapito di altre.

        La presenza di imprese direttamente partecipate in forma massiccia da fondazioni nei settori più diversi può provocare, inoltre, un'ingiustificata rigidità negli assetti proprietari delle imprese interessate, a causa della diversa contendibilità che caratterizza i diritti di proprietà detenuti da azionisti privati rispetto a quelli in possesso delle fondazioni. Tale fenomeno può condurre, anche per effetto della particolare natura delle fondazioni e degli interessi che esse esprimono, ad una sostanziale irresponsabilità nella gestione di un importante insieme di imprese con un'inevitabile indebolimento delle normali dinamiche economiche e concorrenziali dei mercati interessati.

        Sulla base delle suesposte considerazioni, l'Autorità ritiene più conforme alle esigenze di tutela del corretto assetto concorrenziale dei mercati che la nozione di controllo sia ricondotta ad un'accezione piu' ampia, quale quella contenuta nell'articolo 23 del Testo Unico delle Leggi in materia bancaria e creditizia, e in ogni caso che le partecipazioni azionarie detenute dalle fondazioni, in settori non compresi fra quelli di utilità sociale, siano affidate a gestori professionali. Tale ultima indicazione sarebbe sufficiente a scindere ogni legame di impresa fra le fondazioni e le società partecipate, atteso che l'affidamento dei pacchetti azionari a gestori professionali priverebbe le fondazioni bancarie della capacità di indirizzo sulle imprese partecipate operanti nei settori non di utilità sociale. Peraltro, le fondazioni otterrebbero, per questa via, di massimizzare i proventi derivanti dal patrimonio azionario da dedicare alla promozione delle proprie specifiche finalità di utilità sociale.

        In conclusione, l'Autorità ritiene che gli emendamenti introdotti dal Senato agli articoli 2, comma 1, lett. a), e 4, comma 1, lett. b), del disegno di legge, consentendo alle fondazioni di detenere il controllo di fatto delle imprese bancarie partecipate e di esercitare l'attività di impresa in qualsiasi settore economico, modificano profondamente il significato originario della riforma, inducendo al contempo rilevanti distorsioni dell'assetto concorrenziale.

        L'Autorità auspica che nella definitiva approvazione del disegno di legge siano tenute nel debito conto le esigenze di tutela della concorrenza nel sistema economico italiano.

Roma, 11 dicembre 1998