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IC18 - PREZZI DEI CARBURANTI PER AUTOTRAZIONE



COMUNICATO STAMPA


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Provvedimento del 24 ottobre 1996




COMUNICATO STAMPA

Conclusioni dell'indagine conoscitiva
sui prezzi dei carburanti


        L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha concluso l'indagine conoscitiva sui prezzi dei carburanti, avviata il 12 aprile 1996. I principali elementi emersi dall'indagine sono i seguenti.
        La fisionomia della rete italiana di distribuzione di carburanti per autotrazione appare particolarmente povera di segnali concorrenziali. Soprattutto nell'ultimo biennio, grazie alla libertà concessa alle imprese di fissare i prezzi dei carburanti al consumo, senza soggiacere ad alcun vincolo amministrativo, ci si sarebbe ragionevolmente atteso di avvertire un gioco concorrenziale più accentuato rispetto al passato. La libertà delle imprese di fissare il prezzo finale dei carburanti, tuttavia, non sembra avere ancora determinato una vera liberalizzazione del mercato, nel senso di potervi riscontrare condotte di prezzo effettivamente diverse fra le singole società petrolifere.
        Infatti, nel periodo 1991-1995 i prezzi al consumo dei carburanti per autotrazione hanno manifestato un andamento pressoché uniforme. Al netto di ogni forma di imposizione fiscale, inoltre, essi sono stati caratterizzati da una tendenza sistematica alla crescita nel corso degli ultimi cinque anni, con una dinamica più accentuata nella fase corrispondente alla completa rimozione di ogni controllo amministrativo (1994-1995).
        Ciò nonostante, le strutture dei costi di distribuzione delle singole società differiscano per livello e dinamica, determinando differenze nei margini netti. Il costo medio di distribuzione, registrato nel periodo 1991-1995 dalle imprese meno efficienti, è risultato infatti essere pari fino a quasi due volte quello della società più efficiente. L'esistenza di strutture di costi di distribuzione differenti avrebbe potuto, quindi, assicurare una competitività di prezzo, rimasta invece inespressa. I vantaggi economici di costo, anziché essere traslati almeno in parte a favore dei consumatori, sono stati dunque trattenuti dalle imprese.
        Il processo di ristrutturazione della rete, più volte evocato dalle stesse società come uno dei loro principali obiettivi, e il contenimento dei costi di distribuzione che ne sarebbe dovuto derivare, non sono stati in realtà perseguiti con l'intensità che ci si sarebbe potuto attendere in un mercato in cui la competitività di costo, anche sotto il profilo distributivo, rappresenta un indubbio fattore di successo. La convergenza nei livelli dei prezzi e la stabilità delle quote di mercatohanno contribuito, così, ad assicurare a ciascuna impresa, indipendentemente dalla sua efficienza gestionale, margini più o meno consistenti. Ciò appare dovuto sia a ragioni strutturali del mercato che a fattori normativi.
        I principali mutamenti, necessari per rimuovere in modo stabile e duraturo i considerevoli limiti alla concorrenza effettiva anche dal lato del prezzo, di cui è tuttora pervaso il mercato italiano della distribuzione in rete di carburanti per autotrazione, coinvolgono sia il quadro normativo sia la struttura dell'industria.
        Per quanto riguarda gli aspetti normativi l'Autorità ritiene necessario, in primo luogo, che si pervenga in modo sollecito ad una completa liberalizzazione del mercato. A questo fine, dovrebbe anzitutto essere eliminato il regime concessorio di cui all'art. 16, comma 1, della legge n. 1034/70, ispirato ad una logica di programmazione della rete. Esso dovrebbe essere sostituito da un regime di autorizzazione, fondato esclusivamente su considerazioni di tipo urbanistico, ambientale, di sicurezza degli impianti e dei consumatori.
        In ogni caso, per garantire la possibilità di potenziamento degli impianti esistenti e consentire la piena autonomia decisionale delle imprese, andrebbe eliminata la norma contenuta nell'art. 7 del D.P.C.M. 11.09.1989, in base alla quale il rilascio alla autorizzazione per il potenziamento degli impianti (aggiunta di nuovi carburanti o installazione di apparecchiature self-service a quelle esistenti) è subordinato alla rinuncia di un decreto di concessione di un altro impianto installato e funzionante.
        Un altro ambito di intervento normativo riguarda l'ampliamento dell'attività commerciale degli impianti di distribuzione, nella duplice direzione sia di estendere la gamma di prodotti in vendita, superando le disposizioni restrittive in materia di tabelle merceologiche, nell'ambito di un mutamento della normativa sulla distribuzione commerciale; sia di rimuovere le restrizioni esistenti in materia di orari di apertura e di turni degli impianti, evitando l'imposizione a livello regionale o comunale di obblighi di chiusura e/o di uniformità negli orari di apertura e assicurando l'estensione della facoltà di apertura degli esercizi al di là degli orari minimi previsti dalla normativa. Deve osservarsi al riguardo che tali restrizioni, seppure formalmente rispettose delle direttive generali per l'esercizio delle funzioni delegate in materia di orari di apertura fissate con il D.P.C.M. 11.09.1989, ne tradiscono in concreto lo spirito, chiaramente improntato, nel disporre il rispetto di un orario minimo di apertura, ad assicurare la tutela delle esigenze dei consumatori. La previsione di un orario massimo, normalmente coincidente con il livello minimo garantito a livello nazionale, e l'imposizione dell'uniformità degli orari di apertura, rispondono invece, in prevalenza, alla tutela delle categorie economiche interessate all'attività di vendita.
        Per quanto riguarda i la struttura dell'industria, l'Autorità considera necessario che trovino una soluzione diversa le modalità di fornitura di carburanti alle reti distributive delle singole società. Infatti, in un contesto caratterizzato dalla chiusura all'ingresso nel mercato di nuovi soggetti; dall'esistenza di un eccesso di capacità di stoccaggio, connessa alla presenza di una normativa ambientale che limita l'installazione di nuovi depositi; dalla forte asimmetria fra la dotazione logistica del cosiddetto  «settore Agip» e quella delle altre società; le discipline adottate per regolare le permute di prodotti finiti fra ciascuna società hanno assicurato un miglioramento delle condizioni di offerta da parte delle imprese ma, nello stesso tempo, hanno anche consolidato rapporti di cooperazione e di scambio di informazioni fra le imprese. In questo modo, è stato eliminato qualsiasi incentivo e, a volte, qualsiasi possibilità di trasformare tali miglioramenti in fattori di stimolo di azioni concorrenziali, volte ad utilizzare la libertà di fissazione dei prezzi per incrementare le quote di mercato nei segmenti di rete caratterizzati da costi di distribuzione più contenuti. Infatti, attualmente ciascuna società che permuta prodotti finiti con un proprio concorrente è in grado di conoscere in anticipo l'offerta del proprio rivale; di condizionarne l'evoluzione quantitativa con forniture scadenzate rigidamente nel tempo; di inibirne qualsiasi ipotetica condotta concorrenziale dal lato del prezzo, il cui successo può essere colto solo a condizione che sia possibile incrementare le quantità offerte, grazie all'esistenza di vincoli sulle variazioni minime e massime di quantità di prodotto consegnabili in sede di permuta.
        In attesa che muti il contesto normativo relativo all'accesso al mercato, nel senso indicato al punto precedente, non si può giudicare neutrale, sotto il profilo della concorrenza, l'attuale assetto proprietario del sistema logistico che è all'origine del così diffuso ricorso alle permute di prodotti.
        In particolare la posizione dominante detenuta dal settore Agip nell'attività di logistica costituisce uno dei principali ostacoli alle possibilità di sviluppo di politiche indipendenti e non cooperative sui mercati della distribuzione che dal sistema logistico Agip dipendono in varie misure. La necessità di eliminare tale posizione appare ancor più urgente nella prospettiva della perdita del controllo pubblico sulla società e nella auspicata prospettiva di un superamento dei vincoli normativi che ancora caratterizzano il settore, da cui ci si può attendere l'ingresso sul mercato di nuovi operatori.
        L'eliminazione di tale barriera all'accesso indipendente alla logistica potrebbe essere conseguita attraverso una qualificata riduzione della presenza del «settore Agip» nella logistica, a favore delle altre imprese concorrenti. Ovvero attraverso la creazione di una società comune cui vengano conferiti gli impianti di stoccaggio di tutte le società petrolifere, aperta all'ingresso di nuovi soggetti, nell'ottica di trasformare l'attività logistica in un servizio neutrale non più condizionato dagli interessi delle imprese nei mercati a valle della distribuzione. Tale assetto, se fondato sull'obbligo di contrarre su base non discriminatorie a chi ne faccia richiesta, ove si eliminino gli attuali vincoli normativi, agevolerebbe inoltre l'ingresso di nuovi operatori nel mercato finale della distribuzione.

Roma, 20 novembre 1996